Le stanze della droga

Così hanno chiamato il primo centro a Ginevra per tossicodipendenti. Non per quelli che vogliono disintossicarsi, ma per quelli che vogliono drogarsi.

Ci sono degli infermieri qualificati ad accogliere ed assistere i tossicodipendenti che vogliono bucarsi o tirare di cocaina in tranquillità ed in un luogo sicuro, senza rischiare di farsi del male per la fretta di trovarsi sotto gli occhi dei passanti o della polizia. C’è una stanza pulita ed in ordine dove vi sono diverse postazioni dotate di tavolo, sedia e cestino dei rifiuti in plastica ed un tavolo più grande in acciaio per chi vuole sniffare cocaina. Il personale sanitario fornisce loro siringhe monouso sterili, ed è qualificato per intervenire nel caso di malori dei frequentatori di questa stanza. Non possono però somministrare le dosi facendo loro iniezioni endovenose. Inutile dire che gli abitanti del quartiere che ospita questo centro, sono molto entusiasti di questa novità: beh, se proprio vogliono drogarsi, che non lo facciano sulle scale di casa loro. E’ proprio questo che mi ha lasciata di sasso: il fatto che non vedendo una piaga della nostra società, questa automaticamente passi in secondo piano, fin quasi a scomparire. Ma non resta forse il problema di come si procurino i soldi per le dosi i tossicodipendenti? Non resta forse il problema che queste persone muoiano ogni giorno sempre di più? Non resta forse il problema che fra loro un domani potrebbero esserci i nostri figli? Già, ma se proprio non vogliono smettere, che per lo meno non si facciano sotto il nostro naso. Complimenti.

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Renata Balducci, presidente di Associazione Vegani Italiani e fondatrice di Veganblog
  1. lavoro in uno dei pochi drop-in italiani e la nostra politica è quella di fornire alle persone tossicodipendenti informazioni e strumenti per preservare la salute e quella della collettività. spiego meglio: partendo dal presupposto che non si possono costringere le persone a vivere una vita diversa da quella che hanno scelto, spiegare loro che non devono abbandonare le siringhe per la strada, non devono assolutamente utilizzare quelle di altri, ma possono riportare quelle usate e riceverne di nuove e sterili. vengono fornite spiegazioni su come evitare di contrarre malattie infettive e a come evitare di diffonderle, vengono date loro informazioni sull’utilizzo sicuro delle sostanze, per evitare overdosi o pericolose infezioni alle vene, informazioni su come fare sesso sicuro, informazioni su come nutrirsi adeguatamente. nel centro possono fare una doccia, lavare i loro vestiti e mangiare. riteniamo che la cura della persona (il prendersi cura di se) sia fondamentale per la dignità umana. naturalmente siamo lieti di dare informazioni e accompagnare le persone nei centri terapeutici se decidono di smettere di fare uso di droga. molti di loro vivono per strada, non hanno famiglia o hanno disgrazie alle spalle. Cerchiamo di vedere oltre, un tossicodipendente non è solo quello è anche altro. hai scritto: ma se proprio non vogliono smettere, che non si facciano davanti al nostro naso……. infatti a Ginevra si fanno nella stanza del buco, in Italia questo non è possibile e si fanno nei bagni della stazione, nei giardinetti, sotto i ponti…. ma almeno si prendono la responsabilità di non abbandonare le siringhe in giro con il rischio che qualcuno passando si punga con l’ago abbandonato.
    spesso abbiamo colloqui con i genitori, siamo un ponte tra loro e i figli, sanno che hanno un posto dove stare, dove mangiare, dove avere la possibilità di cercare lavoro e magari di cambiare vita.
    quello che non tutti sanno è che spesso chi si droga smette di prendersi cura di se e si lascia andare alla deriva, è molto più facile morire di overdose se il fisico è debilitato, è molto più facile morire di AIDS se devi scambiare le siringhe con il tuo compagno di buco, se per avere i soldi x la droga ti prostituisci e non sai che i profilattici ( che vengono distribuiti gratuitamente) ti possono salvare dalle malattie veneree. e molto spesso quella che viene identificata come un overdose è invece un lucido suicidio: chi non ce la fa più si inietta apposta una dose mortale.
    con questo mio post vorrei spiegare che cosa si fa in un drop-in, spigare che non è semplice capire, ma il nostro lavoro è utile a chi purtroppo è caduto in questa spirale terribile e anche ai normali cittadini…… non pretendo di illuminare nessuno con le mie parole, ma aprire uno spiraglio di luce nell’accettazione di una persona che qualunque cosa faccia, è sempre un essere umano,,,,,,,,,,,

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  2. Trovo che il lavoro svolto da te e dagli altri addetti, sia qualcosa di veramente utile eprezioso a chi ha perso la strada e che ora ne sta percorrendo una che porta dritta all’ inferno. Infatti la differenza tra il cento dove lavori tu e le stanze della droga di Ginevra, é proprio questa: voi ridate quel minimo di dignità e responsabilità a queste persone che si sono smarrite, mentre a Ginevra si preoccupano semplicemente di far si che non vadano ad inquinare con la loro presenza gli ambienti della gente bene, di quella che ha i soldi e che non vuole nemmeno immaginare che al mondo possano esserci realtà differenti e crude rispetto al loro modo di vivere. Grazie per tutto quello che fate.

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  3. Cara Lisa, questi drop-in cui ti riferisci, dove sono in Italia? sono delle strutture delle ASL, dei comuni, o cosa? Trovo che il lavoro che vi si svolge sia una risposta intelligente e profondamente umana ai bisogni di coloro che fanno la vita che vogliono, fornendogli allo stesso tempo la “mano” a cui aggrapparsi, se lo vogliono. Grazie

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  4. io credo che le stanze del buco, siano molto simili al posto dove lavoro io (a parte il consumo di sostanze che in italia è illegale all’interno di strutture). nella struttura dove lavoro io dipendiamo dall’ASL, ma non so come funziona nel resto d’italia. con il mio commento volevo solo tentare di far capire che non c’è nulla di scandaloso se queste persone possono recarsi in un posto protetto e pulito a far uso di sostanze e se eventualmente si sentono male possono essere accuditi da personale sanitario, anzichè rischiare di essere abbandonati dal compagno di buco (se non sono da soli) e morire nell’indifferenza di tutti (dato che cercano posti isolati e difficilmente accessibili che spesso si rivelano trappole mortali in caso di malore). Si parla tanto di libertà di opinioni, libertà nel poter esprimere i propri gusti sessuali, nel poter professare liberamente anche le nostre scelte di vita (e noi vegani/vegetariani ne sappiamo qualcosa), quindi perchè non accettare la libertà di scelta nell’usare sostanze e avere un posto dove utilizzarle in maniera sicura. lavoro in questo centro da 4 anni, ho imparato a rispettare le scelte altrui senza esprimere giudizi, sperando che i miei figli (14 e 11 anni) stiano il più lontano possibile da questa vita, ma se penso ai genitori degli ospiti del centro, sono fiera del mio lavoro, fiera di fare il possibile per tutalare la salute di tutti quei figli.

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  5. Lisa, ripeto, quello che fate dove lavori tu é una cosa buona, ma da come é stata messa giù dal servizio che ho visto io in TV, pareva semplicemente un modo per nascondere agli occhi della gente per bene la presenza di “questi esseri” che sono i tossicodipendenti. Non c’ é chi li può soccorrere in caso di malore, semplicemente un addetto che alzerà la cornetta e chiamerà l’ ambulanza, e non é nemmeno tenuto ad intervenire per prestare i primi soccorsi. Mi sembra dunque che queste stanze della droga svizzere siano in realtà dei posti dove concentrare le persone che si sono ritrovate a drogarsi. Inoltre non c’ é nemmeno la presenza di psicologi o assistenti sociali che prestino attenzione a chi magari cerca un aiuto psicologico e umano. Dal servizio che ho visto non é trapelata l’ umanità che trapela dalla risposta al tuo post: io credo che qualche servizio in più come quello di distribuzione di preservativi e siringhe sterili dove lavori tu sia una cosa dignitosa e corretta sia verso che ne fa uso che nei confronti di chi interagirà con queste persone. In Svizzera non si offre altro che una stanza dove le persone al di fuori non vedano ciò che fanno i tossicodipendenti, e non una stanza dove i tossicodipendenti possano trovare oltre che un posto sicuro anche soccorso in caso di necessità fisica o spirituale. E’ questo che mi ha indignata, come madre e come essere umano: se un domani ci fosse mio figlio in quelle condizioni, la mia paura é quella che una società come la nostra possa dargli uno spazio dove morire senza dar fastidio alla pubblica decenza invece che una struttura dove trovare conforto nel caso in cui lui si decida a cercare aiuto.

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  6. …effettivamente se così descritte, il servizio che hai visto in tv non ha riportato bene la realtà delle stanze del buco secondo me è da sottolineare che l’eroina è somministrata dallo stato, togliendo una grossa fetta di guadagni alla malavita e il rischio che i tossicodipendenti siano costretti a commettere reati o a vendersi per acquistare la dose…… riporto un articolo che illustra abbastanza bene la situazione… ringrazio tutti per questa discussione e per la sensibilità dimostrata ……
    27/9/2007 (8:50) – STANZE DEL BUCO, ECCO COME FUNZIONANO (La Stampa)
    Eroina di Stato, l’esempio di Ginevra
    ALESSANDRO MONDO TORINO
    Due tavoli con quattro sedie ciascuno. Sulla mensola c’è una fila di bicchieri colorati, contenenti il laccio emostatico e contrassegnati da un’etichetta con il nome del consumatore: L’età media dei pazienti è di 38 anni. La bombola di ossigeno è addossata alla parete. Nessuna telecamera, solo un vetro divisorio che permette al personale di intervenire in caso di overdose. Tutto pulito, efficiente, in ordine. Pronto all’uso. Come pulite e ordinate sono le strade della città.
    Benvenuti all’ospedale universitario di Ginevra, il più grande della Svizzera. Il dottor Daniele Zunino, capo della Divisione che tratta le dipendenze in senso lato – dalle droghe all’alcol, dal gioco d’azzardo a Internet – sorride quando gli chiedi delle «stanze del buco». Premette che la nuova emergenza è la cocaina, molto più insidiosa dell’eroina, e che anche in Svizzera l’età del consumo si sta abbassando. Poi viene al punto: «I pilastri della politica svizzera in materia di droga sono quattro: terapia, prevenzione, riduzione del danno, repressione».
    Quattro parole d’ordine, una filosofia: chi vuole disintossicarsi deve poterlo fare, gli altri devono comunque poter contare su strutture che in futuro consentano loro di provarci. Comprese le «sale di iniezione».
    Anche in questo caso la distinzione è d’obbligo. La sala di somministrazione controllata interna all’ospedale funziona a precise condizioni: 18 anni compiuti, residenza a Ginevra da più di un anno, problemi di salute fisica, psichica o sociale, consumo di droghe da oltre due anni, almeno due trattamenti di recupero falliti. «Il fatto che il drogato accetti i criteri di ammissione, volutamente severi, è già una svolta», spiega Zunino. L’eroina, «di qualità purissima», è prodotta da un’azienda tedesca. Il trattamento, a scalare, prevede un massimo di 3 iniezioni al giorno. La dose complessiva è compresa tra i 200 e i 600 grammi.
    L’alternativa è la sala di iniezione esterna, gestita da un’associazione privata, dove i consumatori si bucano con quello che trovano. In questo caso l’obiettivo è garantire le condizioni di igiene minima e intervenire in caso di overdose. Soprattutto, favorire un primo contatto con il tossico ed inserirlo in una rete: chi approda alla sala di somministrazione esterna viene invitato a rivolgersi a quella di somministrazione controllata.
    Il doppio sistema non esclude ricadute e fallimenti. Con tutto, chi sgarra non viene buttato fuori. E poi non sempre l’astinenza è l’unico traguardo: qualche volta l’obiettivo si limita a migliorare le relazioni sociali e quelle professionali dei pazienti, dal reietto all’impiegato che approfitta della pausa pranzo per sottoporsi alla terapia, aumentandone la consapevolezza. Una cosa è certa, conclude Zunino: «Ormai a Ginevra è praticamente impossibile vedere gente che si buca per strada».

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