Ricetta dell’alta Valle Camonica ( BS), (tradotto gnocchi della coda, non conosco l’etimologia del nome) rustici ma interessanti, ce ne sono due versioni, una a base di pane raffermo e questa, con la farina, da me interpretata.
Ingredienti per 3 porzioni:
farina 00 200 g.
farina di grano saraceno 50 g.
patate 300 g:
erbe da cottura lessate,strizzate asciutte 150 g. ( ho usato un mix di cicoria, radicchio da taglio, rosole e dente di leone che avevo in freezer) possono andar bene anche spinaci o biete.
tofu compatto 120 g.
acqua di cottura delle patate q.b.
scalogno 2
salvia 6 foglie
olio evo 6 cucchiai
margarina veg 1 cucchiaino
olio di semi ( in questo caso mais) 3 cucchiai
sale grosso 2 cucchiai
sale fino una punta
pepe una grattata
Procedimento:
Netto le patate e le taglio a tocchi irregolari
Lesso in acqua salata, scolo e riservo. Taglio il tofu a dadoni e scotto per 5 minuti nell’acqua delle patate, scolo e riservo, tengo l-acqua..
Trito le verdure finissime, passo il tofu al mortaio condendo con un pizzico di sale, una grattata di pepe e mezzo cucchiaino d’olio evo; schiaccio a purè un terzo delle patate, aggiungo le farine e metto ad impastare, aggiungendo l’acqua bastante , nella mdp, per 15 minuti.
Ottengo una massa che lavoro su di un piano ben infarinato per ricavare gli gnocchi, formando dei rotolini di ca. 1,5 cm. di diametro che taglio col coltello. Se ne produrranno 90.
Riporto a bollore l’acqua delle patate, aggiungo 1 cucchiaio di olio di mais e calo gli gnocchi in tre riprese. Calcolare 2 minuti di cottura dopo che vengono a galla. Scolo con la schiumarola e depongo in una teglia unta con 2 cucchiai di olio di mais.
Affetto fini gli scalogni.
Braso in olio evo assieme alla salvia, quando sono coloriti ed appassiti aggiungo le patate e gli gnocchi. Spadello per 2 minuti ed impiatto.
III e V simbionte in relax che ascoltano Wagner ( Lohengrin – Preludio del terzo atto – Wiener Philharmoniker – Karl Bohm).
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Renata Balducci, presidente di Associazione Vegani Italiani e fondatrice di Veganblog
eh ma anche te stasera mica scherzi eh!! io ho il dolcefforte che mi esce dalle orecchie ma una romaiolata di questi gnocchetti non la disdegnerei per nulla 🙂
Mi piacciono ‘sti gnocchi!
questi gnocchi mi intrigano molto e quindi ne terrò lo spunto ben presente!!
sono davvero molto belli i tuoi gatti, e anche molto eucati, guarda con che serietà si approcciano al vecchio wagner! accipicchia… heheheh.. ^__^
Un capolavoro! bellissimi i felini musicofili!
oooh che splendore!!!! sia gli gnocchi che i gatti…
un piattozzo di gnocchi me lo farei volentieri per pranzo!
Fantastici gli gnocchi e fantastica l’espressione felina all’ascolto di Wagner…i tuoi gatti sono così anche quando ascoltano Vivaldi??
che bontà!! un bel piatto. sano, gustoso e dal sapore della tridizione!! mi hai fatto vneire vogli di gnocchi..come se di solito non ce l’avessi..
Adoro gli gnocchi in tutte le salse e questi son da provare assolutamente 😛 Mi piacciono i titoli in dialetto, e i simbionti son sempre bellissimi 😛
Fantastici i mici mentre sono in estasi per la musica. Non conoscevo questo piatto ma grazie a te ora c’è sul blog
Stratosferico Giovanni!!! I tuoi piatti e i tuoi simbionti sono incomparabili, adoro la tua maestria, la tua arte e la tua padronanza dei sapori e della cucina, eccezionale!!!
Ne vorrei un piatto! Secondo me sono buonissimi!
@ Elena
Quando ascoltano Vivaldi o altri autori barocchi si animano un po’ di piu’, si chetano con il Canone di Pachelbel, che pur essendo diventato una colonna sonora da matrimoni e’ una partitura stupenda.
@ EleonoraNW3
evvai coi toscanismi, ramaiolata, da ramaiolo detto volgarmente mestolo ( non quello di legno a cucchiao ma la tazza col manico lungo), sei grande.In lombardo cassü
@ tutti
siete sempre gentilissimi e vi ringrazio dei commendevoli pareri.
da qualche parte ho una ricetta di gnocchi dolci col grano saraceno, aspetto solo di avere l’occasione di farla … ma anche questi sono invitantissimi. Belli i miciotti in ascolto, non so che effetto farebbe alla mia, (generalmente non ascolto musica in giardino, ed è là che lei vive 🙂 )
Come va il recupero dalla caduta?
Ciao 🙂
@ Nadir
recupero quasi completato, grazie
beata la tua micia che vive all’aria aperta, i miei vagavano per tetti tutto il giorno quando abitavo altrove, ero all’ultimo piano e li avevano tutti a loro disposizione senza pericoli…adesso purtroppo sono confinati in appartamento, hanno solo un balconcino, qui detto poggiolo, che lascio sempre loro accessibile.
i gnòc de la cua sono tipicissimi di dove son cresciuta.
tu hai usato quello che da noi si chiama el “bromboi”, ovvero un misto di erbe da cottura, ma ti capita di andar per monti e vuoi rifarli, raccogli el “peruc” che è l’ingrediente vero di questa ricetta tradizionale: in latino “chenopodium bonus henricus”, ossia lo spinacino selvatico d’alta montagna.. vicino alle baite si trovano spesso.
Nicole mi hai fatto tornar bambina e pensare alla mia mammetta…in Valtellinese li chiamano “paruc” con la a, ne ricordo vagamente il sapore tipo spinacio 🙂
chiccabella avendo vissuto come Haidi in una comune montana per tutta la mia infanzia puoi immaginarti quante perle dialettali posso scovare nella mia memoria sul cibo e le ricette di una volta, eheh:)
una tra le tante.. quando si fanno gli gnocchi si dice ” ‘n giù bòi e iè còch”.. un bollo ed è pronta 🙂
@ Nicole
magari potessi ancora vagare per monti e valli, certo che me li ricordo i peruc o paruc dell’alta Valtellina e fin sü all’ Aprica e al Stelviu. C’era un posto sopra Bormio, al Ciuk, mi sembra di ricordare, che faceva questi gnocchi con l’erba citata…
ma hai vissuto in UN comune o in UNA comune?
sono curioso…
@ Chicca66 e Nicole,
vista la provenienza, se non altro familiare, ma conoscete Van de Sfroos?
” una dona in Valtelina che parlava cunt’i sant
l’ha ma di’ che tücc i legn se recordan i so’ piant
e’ gh’e’ un legn per fa’ una cruus
e gh’e’ un legn per fa’ una porta
per i legn de na ghitara
la so’ anima l’e’ mai morta…
” Brisa de Ness, erba de Buffalora,sabia de Fuentes e un tronc de Culmenagh.
Güla güla, güla fin’a Tresenda,
va’ in süla Valcavargna, e a fianc te gh’e’ l’ Tivan…
Micillo eheh hai capito bene, in UNA comune. Sono stata dai 2 ai 6 anni circa in una comune di ragazzi che lavoravano la terra, allevavano cavalli selvatici e vivevano all’antica. Stavo con loro dai 6 ai 9 mesi l’anno, insieme a mia madre naturale, poi 6-3 mesi li passavo con i miei nonni paterni alla quale ero stata affidata. Credo sia stato il periodo più bello della mia vita!
Di quando ero con la mia super famiglia allargata ho ricordi vividi e bellissimi: dormivo in mille case diverse e tutti si occupavano di me, facevo bagni negli stagni con le rane, avevo una papera muta come amico di giochi, ed ho avuto come amica anche un lupo cresciuto con noi ed ammazzato da schifosi personaggi per entrare in baita a rubare, Laika 🙁 ricordo anche questo 🙁 e poi castagneti, l’acqua gelida, il “prete” per dormire, il bagno lontano da casa.. 🙂
E quando non ero con loro stavo con la mia famiglia stretta, i miei nonni, e mi dividevo con loro tra Lerici e l’isola d’Elba.. insomma un bel tram-tram!
ps: me piaàs tròp Van de Sfroos!
@ Nicole
ho visto il tuo commento ma ero in ufficio e stracarico di lavoro, per fortuna.
Bella la tua infanzia, a parte la storia del lupo…anch’io da piccolo facevo il bagno nei fontanili vicino al Ticino, ci si andava in bicicletta, c’era un’acqua gelida anche d’estate, ma potevi berla…
Non passavo un pomeriggio a casa, sempre in giro per i boschi in bicicletta, d’estate si andava a more, poi si andava a rubare le pannocchie, ad ottobre si facevano le castagne…
Adesso non c’e’ piu’ un bosco vero nel raggio di 20 km. hanno distrutto tutto
Micillo, hai ragione… più o meno tutti i luoghi dove sono cresciuta sono stati deturpati: in montagna i boschi spariscono, in pianura appaiono capannoni che invadono le campagne da torino a mestre.
un disastro. io e fede abbiamo lasciato il lavoro ben 9 mesi fa, siamo stati un po’ a palermo per riprenderci lavoricchiando con calma ed ora siamo in partenza per una nuova avventura: si torna a vivere come una volta, sennò finisce che muoriamo a 40anni. rivoglio i boschi, i campi coltivati con amore e le galline libere nell’aia che non finiscono nel brodo! 🙂
speriamo di riuscirci, tutto è work in progress!
@ Nicole
Vi auguro ogni bene, carissimi, posso dire carissimi anche se non vi conosco?
Non e’ che si muore fisicamente, si muore dentro, che e’ peggio…
” sono qui , alle quattro del mattino, l’angoscia e un po’ di vino, voglia di bestemmiare” Francesco Guccini – L’Avvelenata –
L.P. Via Paolo Fabbri 43 – 1976