Cerealinfesta

Mi sono imposta di usare sempre meno la farina di frumento per le mie panificazioni, così oggi mi sono avventurata in una rivisitazione (forse sarebbe più appropriato dire totale sconvolgimento) di una delle  ricette di Annalisa De Luca (“Facciamo il pane”, Terra Nuova edizioni). Ho fatto una mini pagnotta da testare ed eventualmente correggere, ma il risultato è stato ottimo! La lievitazione è stata proprio tutta  a modo mio, un po’ lunga, ma ideale per togliere qualunque residuo di acidità al pane e per renderlo più digeribile possibile. Alla farina di grano ho sostituito quella di farro e poi ho aggiunto l’ingrediente brioso che ha reso il tutto una gran festa!

Ingredienti:
150 g di pasta madre rinfrescata da almeno 6 ore e non più di 48
150 g di farina di segale
220 g di farina bianca di farro
150 g di acqua tiepida
1 cucchiaino di malto d’orzo
1 cucchiaino scarso di sale fino integrale
2 cucchiai di fiocchi di cereali misti

Procedimento:
In una ciotola capiente sciogliere il lievito madre col malto nell’acqua, fino a totale scomparsa dei grumi. Aiutatevi con le mani, è il modo migliore ed è anche rilassante! Inoltre, più tenete le vostre mani a contatto con l’impasto e più questo avrà un gusto tutto suo, che abbraccia i vostri umori e i vostri odori. Quando il composto sarà omogeneo, si aggiunga la farina di segale, mescolando mescolando. La farina di farro ed il sale andranno incorporati solo dopo almeno 20 minuti di riposo dell’impasto parziale. Questo perché la farina di segale ha la caratteristica di impiegare più tempo per assorbire l’acqua. Quando tutti gli ingredienti saranno uniti, impastare e impastare e impastare ancora, a piene mani, con tutta l’enfasi che avete in corpo, con l’amore per la materia che si trasforma e si rinnova, con la fede nell’aria che farà lievitare la pasta, con l’emozione dell’attesa e dell’abbraccio. Lavorate la massa sulla spianatoia finché la consistenza granulosa della segale non sarà più percepibile. Quando le vostre dita scorreranno sul liscio, allora sarà ora di iniziare il processo di lievitazione. Mettere la massa su una teglia leggermente infarinata, o su un tagliere di legno o sul fondo della conca della madia. Copritela a campana con un recipiente abbastanza profondo (insalatiera, zuppiera…), rovesciandolo su di essa a mo’ di coperchio. Riponete la teglia (o il tagliere) in luogo tiepido e riparato da correnti. Nel mio caso, visto che l’ho messo a lievitare sul fondo della conca, dopo aver coperto a campana ho rimesso a posto la tavola (spianatoia) e chiuso il coperchio del mobile. Questa prima lievitazione durerà almeno 6 ore e non oltre le 8, pena: acidità del pane. Trascorso questo tempo, aprite la campana, sgonfiate leggermente la massa con la delicatezza che si usa nell’accarezzare un cucciolo neonato, premendo con il palmo della mano e formando più o meno un rettangolo. Siamo al punto cruciale! Ora si dovranno praticare 2 giri di pieghe al pane, per far sì che incorpori aria, e venga quindi leggero e alveolato (anche se con queste farine non c’è da aspettarsi chissà quali buchi nella mollica!). Dividete idealmente il rettangolo di pasta in 3 parti e ripiegate verso il centro prima 1 estremità, poi l’altra (che quindi si troverà adesso sopra alla prima estremità, giusto?!?). Coprite di nuovo a campana e riponete nella solita calda alcova, lasciando riposare per 1 ora. Dopodiché ripetete lo sgonfiamento e il giro di pieghe, poi prelevate 1 pallina di impasto delle dimensioni di 1 noce. Mette la pallina in 1 bicchiere di acqua fredda: sarà il testimone dell’avvenuta lievitazione. Modellate delicatamente la massa e arrotondatela un po’. Mettete la pagnottella e il bicchiere nel forno spento ma tiepido (circa 30°), con luce accesa e attendete pazientemente, ma con infantile trepidazione, che la pallina venga a galla (1 ora circa). Quello sarà il segnale magico!! Estraete il pane dal forno che accenderete alla massima temperatura (il mio arriva a 260°) e in modalità statica. Al momento dell’accensione, introducete anche un coccetto con dell’acqua fredda, che adagerete sul fondo del forno. Finché aspettate il raggiungimento dei giusti gradi, bagnate la superficie del segalino con poca acqua e lasciatevi piovere sopra i fiocchi di cereali. Infornate e dopo 10 minuti abbassate la temperatura a 220°. Dopo altri 25 minuti abbassare a 200°. Continuate la cottura per gli ultimi 10 minuti e sfornate, lasciando raffreddare possibilmente su un piano di legno naturale non trattato. Più facile a farsi che a raccontarsi! Spero di essere stata chiara e non troppo noiosa. Buona festosa panificazione a tutti!!

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Renata Balducci, presidente di Associazione Vegani Italiani e fondatrice di Veganblog
  1. Fantastico questo panino! Fa davvero voglia… Brava valevico!! Ciao 🙂

    Federica 🙂

    Reply
  2. A proposito di frumento, vorrei condividere questo con voi.

    LA CELIACHIA NON E’ UNA MALATTIA; MA IL RISULTATO DI UNA MODIFICAZIONE GENETICA DEL FRUMENTO.

    DICIAMOLO PURE AD ALTA VOCE

    E’ mai possibile che la diffusione pressoché «epidemica» della cellachia, cioè dell’assoluta intolleranza al glutine che può innescare anche gravi patologie conseguenti, possa essere dovuta ad una modificazione genetica approntata sul frumento? Questa ipotesi non è nuova e su di essa si sono spesso avventati, smentendola con ferocia, i sostenitori delle biotecnologie e dei cibi Ogm. Ma ora, grazie all’intuizione di uno scienziato di esperienza pluridecennale in campo medico, pare possa arricchirsi di ulteriori dettagli, chiarendosi all’opinione pubblica.

    Un frumento nanizzato

    Il professor Luciano Pecchiai, storico fondatore dell’Eubiotica in Italia e attuale primario ematologo emerito all’ospedale Buzzi di Milano, ha avanzato una spiegazione di questa possibile correlazione causa-effetto su cui occorrerebbe produrre indagini scientifiche ed epidemiologiche accurate. «E’ ben noto che il frumento del passato era ad alto fusto – spiega Pecchial – cosicchè facilmente allettava, cioè si piegava verso terra all’azione del vento e della pioggia. Per ovviare a questo inconveniente, in questi ultimi decenni il frumento è stato quindi per così dire “nanizzato” attraverso una modificazione genetica».

    Appare fondata l’ipotesi che la modifica genetica di questo frumento sia correlata ad una modificazione della sua proteina e in particolare di una frazione di questa, la gliadina, proteina basica dalla quale per digestione peptica-triptica si ottiene una sostanza chiamata frazione III di Frazer, alla quale è dovuta l’enteropatia infiammatoria e quindi il malassorbimento caratteristico della celiachia.

    «E’ evidente – ammette lo stesso Pecchiai – la necessità di dimostrare scientificamente una differenza della composizione aminoacidica della gliadina del frumento nanizzato, geneticamente modificato, rispetto al frumento originario. Quando questo fosse dimostrato, sarebbe ovvio eliminare la produzione di questo frumento prima che tutte le future generazioni diventino intolleranti al glutine». E non è da escludere che sia proprio questo uno degli scogli più difficili da superare.

    400.000 malati in Italia

    La riconversione della produzione, una volta che questa sia entrata a regime e abbia prodotto i risultati economici sperati, diviene impresa assai ardua e incontrerebbe senza dubbio molte resistenze. Di qui la probabile mancanza di interesse ad approfondire una simile ipotesi per trovarne l’eventuale fondamento.

    D’altra parte, nessuno ancora ha trovato una spiegazione al fatto che l’incidenza della celiachia è aumentata in maniera esponenziale negli ultimi anni e l’allarme non accenna a rientrare. «Mentre qualche decennio fa l’incidenza della malattia era di 1 caso ogni mille o duemila persone, oggi siamo giunti a dover stimare 1 caso ogni 100 o 150 persone», spiega Adriano Pucci, presidente dell’Associazione Italiana Celiachia. «Siamo dunque nell’ordine, in Italia, di circa 400 mila malati, di cui però soltanto 55 mila hanno ricevuto una diagnosi certa e seguono una dieta che può salvare loro la vita».

    In molti sostengono che l’aumento dei casi di celiachia sia una conseguenza del miglioramento delle tecniche diagnostiche, ma la spiegazione non convince, appare eccessivamente semplicistica e riduttiva. Fatto sta che, anziché cercare spiegazioni sulle cause, cosa che permetterebbe di provvedere poi alla loro rimozione, la ricerca oggi percorre direzioni opposte, ipotizzando e sperimentando ulteriori modificazioni genetiche del frumento stesso per «deglutinare», cioè privare del glutine, ciò che ne è provvisto o «immettere» nel frumento caratteristiche proprie di cereali naturalmente privi di glutine.

    Il mistero del Creso

    A proposito torna alla mente una questione dibattuta qualche anno fa alla quale non è mai stata fornita risposta e che rimane a tutt’oggi un problema apertissimo e attuale: il cosiddetto grano Creso. Nel 1974, all’insaputa dei più, viene iscritto nel Registro varietale del grano duro il Creso. Nove anni dopo, la superficie coltivata a Creso in Italia era passata da pochi ettari a oltre il 20% del totale, con 15 milioni di quintali l’anno per un valore, di allora, di circa 600 miliardi di vecchie lire.

    Da una pubblicazione del 1984 si ricavò poi che quel grano era stato «inventato» e sviluppato presso il centro di studi nucleari della Casaccia. Nel lavoro, come ricordò nel 2000 anche il fisico Tullio Regge su Le Scienze, si sottolineava l’efficacia della mutagenesi e l’introduzione di nuovo germoplasma e di ibridazioni interspecifiche.

    In sostanza, il Creso era il risultato dell’incrocio tra una linea messicana di Cymmit e una linea mutante ottenuta trattando una varietà con raggi X. Per altre varietà in commercio erano stati utilizzati neutroni termici. In che misura, per esempio, il consumo continuativo di questo frumento può avere influenzato l’organismo di chi lo ha ingerito? Non si sa, né pare che alcuno voglia scoprirlo. Lo stesso Regge si limitò ad affermare che comunque «lo hanno mangiato tutti con grande gusto».

    E se la celiachia fosse il risultato di decenni di ripetuti e differenti interventi sulle varietà di grano che sta alla base della maggior parte del cibo che mangiamo? Chissà se a qualcuno, prima o poi, verrà voglia di capirlo.

    Claudia Benatti

    Note
    «Il miglioramento genetico dei frumento duro: bilancio di un ventennio di attività» su L’informatore Agrario, Verona 40, n. 29, 1984, di Bozzini, Mosconi, Rossi, Scarascia-Mugnozza.

    Fonte: Disinformazione.it

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  3. che bella ricettina, valevico! complimentissimi… 😀 a proposito di celiachia: procurati della farina di grano duro ‘senatore cappelli’, una varietà non nanizzata, che sta tornando in auge quantomento in ambito biologico naturale; fai una pagnotta usando la pasta madre, per vedere se riesci a tollerare bene questo tipo di grano, per poter dare una risposta a ciò che g’lights segnala… 😀 ciao valevico!

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  4. Meraviglioso questo pane! Anche io di solito panifico con il farro, a volte lo miscelo con del grano integrale, e vedo che si ottengono ottimi risultati anche con la segale 🙂
    Quanto all’intolleranza al frumento ho vissuto ciò che Goodlights ha descritto sulla mia pelle, mangiare pizza e pasta mi provocava dei mal di pancia incredibili, oltre ad altri sintomi che è meglio non raccontare 🙁 Però poi ho scoperto il mondo di tutte le altre farine e ora sono tornata a mangiare ogni tanto, senza soffrire, anche un pò di grano, ma rigorosamente comprato al mio mulino di fiducia che produce la farina con un mulino antico, quasi da museo…oltre ad essere molto buona, questa farina non mi fa stare male 🙂
    Quanto alla farina senatore cappelli anche io ne ho acquistata un pacchettino ed è molto buona, peccato che dalle mie parti non sia facile trovarla…però confermo che non dà problemi a chi è sensibile al grano 🙂

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  5. è bellissimo come descrivi e vivi il tuo rapporto con questa cosa viva che è il pane…con tutto l’amore che ci metti non può che venire un capolavoro! 🙂 🙂

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  6. stupendo il tuo pane davvero

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  7. Che meraviglia! Rivoglio la mia pasta madre! 🙁

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  8. Romina, io sono a roma e posso darti un pezzetto di pasta madre. Rispondi qui se pensi di poterci incontrare. Purtroppo non riuscirò a venire al veganfest.
    Ciao

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  9. Che bella pagnotta 😀 la pasta madre mi affascina sempre di più… è davvero una cosa ‘viva’ che va nutrita con amore e, immagino, da tante soddisfazioni!

    L’articolo è davvero interessante… in effetti mi sono accorta anch’io che la celiachia va aumentando.. o anche solo le intolleranze al glutine ma non solo.. dovremmo chiederci più spesso cosa ci sia dietro a tutto questo e se sia possibile evitarlo facendo più attenzione a ciò che si mangia!

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  10. Bellissima la tua pagnotta!!che voglia!!! fortuna che ci sono tante farine alternative a quelle di grano!!!

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  11. La celiachia nei bambini è aumentata tantissimo da quando si è iniziata la pratica dello svezzamento precoce (che io chiamo svezzamento forzato e violento) e l’interruzione dell’allattamento materno nei primi mesi di vita. Tutto a causa di maniacali logiche di marketing e dello stile di vita sempre più ridotto a un meccanico alternarsi tra lavoro, stress e malriposo. L’apparato digerente dei bambini è inadatto ad assumere cibi solidi prima dei 7 mesi di vita (l’OMS raccomanda l’allattamento materno esclusivo fino almeno all’ottavo mese e suggerisce di prolungarlo fino al terzo anno di vita, specificando però che i cuccioli di uomo sono considerati lattanti fino all’età di 6-7 anni)e fino ai 12 mesi è sconsigliato introdurre glutine nella loro dieta. Invece, quante volte vi è capitato di vedere mamme che danno il semolino ai loro pulcini di quattro mesi? O ancora: quanti mangiano quegli orribili biscottini che si spappolano al solo contatto con la saliva, quando ancora non hanno nemmeno un dente (quindi quando non hanno nemmeno 6-7mesi)? Queste cattive abitudini alimentari spesso sostenute da pediatri e medici (quasi sempre)sono una delle cause dell’incremento della celiachia negli ultimi anni, così come le vaccinazioni selvagge. Grazie G.L. per l’articolo!

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  12. Se penso di essere cresciuta a biscotti Plasmon e formaggino Mio, mi chiedo come faccio ad essere ancora viva! 🙁
    Ai bambini andrebbe dato solo latte materno fino all’anno e se non c’è quello succo d’uva, di arancia e di mela.
    Shelton ha scritto moltissime cose interessanti sullo svezzamento dei bambini con questo metodo e si trovano anche diverse tesine di Valdo sull’argomento.
    Il problema è la mancanza di informazione,anzi, peggio, il passaggio di informazioni sbagliate!

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  13. Hai colto il segno! peggio ancora della disinformazione c’è l’informazione viziata e corrotta! Attilio ha cominciato a mangiare cibi solidi a un anno…verso i dieci mesi mangiava solo qualche pezzetto di mela o galletta di riso. Ha sempre ciucciato, e lo fa ancora, il mio latte (tutte le donne hanno il latte in condizioni psicofisiche normali). Non ha mai mangiato alimenti di origine animale. Io non faccio terrorismo alimentare con lui, perché non voglio che percepisca le mie scelte come un obbligo e come una serie di divieti per lui, quindi gli ho lasciato assaggiare i cibi che compaiono generalmente su tavole diverse dalla nostra e per i quali lui dimostrava interesse e curiosità (mi riferisco soprattutto alle tavole e ai cibi dei nonni). Risultato: le sue scelte sono sempre vegan! Rifiuta anche i dolci troppo zuccherati! Beve orzo amaro in gran quantità, e alla fine della tazza emette anche un bel “Ahhh!” di soddisfazione. Di fronte a queste evidenze e considerato il fatto che non ha ricevuto nessuna vaccinazione e che a 21 mesi non si è mai ammalato (tranne normali raffreddori dati dal nudismo integrale che ama praticare in casa!) persino i nonni ora ci appoggiano nelle nostre scelte. Goodlights, è bello sapere che ci sono donne temerarie dell’informazione come te!

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  14. Valevico: ecco un’altra cosa che non sapevo!! avete proprio ragione, la cattiva informazione è diffusissima (beh, non solo in ambito alimentare…ma comunque io penso che sia tutto collegato dagli interessi economici che ci sono dietro) e fa enormi danni… io soprattutto mi sono trovata nella vita in contatto con medici che, pur magari a fin di bene ma essendo essi stessi male informati, mi hanno fatto più danni che altro (nulla di grave per fortuna)…ora non mi sono più visitata, ma se dovesse succedere voglio proprio vedere come reagirà lo specialista di turno al fatto che sono vegana -.-
    riguardo all’alimentazione nell’infanzia…lo terrò ben presente e quando toccherà a me una gravidanza mi informerò in questo senso…Valevico ammiro molto il modo in cui tu e altre mamme qui su vb avete fatto crescere i vostri bimbi…e i risultati si vedono…come dici tu i bambini si abituano subito ai sapori genuini degli alimenti e a un’alimentazione sana… mi piacerebbe essere nata anche io con una mamma vegan..se non altro voglio dare questa possibilità ai miei figli!! 😉

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