Il caffè


La seconda bevanda più diffusa e consumata al mondo, la più studiata e discussa in assoluto, il caffè. La pianta del caffè è un sempreverde appartenente alla famiglia delle Rubiacee che può raggiungere i 12 metri in altezza, ma viene mantenuta più bassa  per facilitare la raccolta dei suoi frutti. Le varietà di caffè scoperte fino ad ora sono circa 60, ma solo 25 producono frutti lavorabili per acquisire un valore commerciale. Tra queste ci sono le 4 varietà di caffè più diffuse: la Coffea arabica L., che è la varietà più conosciuta (rappresenta i 3/4 della produzione mondiale), è semplicemente denominata Arabica, tra cui la più rinomata è la Moka; la Coffea Canephora Pierre ex Froehner, più comunemente detta Robusta, una varietà di caffè molto diffusa perché la pianta, come dice il suo nome, resiste molto bene alle malattie e può essere coltivata anche in pianura; la Liberica, coltivata soprattutto in Liberia e in Costa d’Avorio, i cui semi sono grandi e resistenti ai parassiti anche se la sua qualità è inferiore a quella dell’Arabica e della Robusta; l’Excelsa che cresce ovunque ed è molto resistente, fornisce una resa elevata e ha un gusto simile a quello dell’Arabica (spesso infatti viene venduta per Arabica). Le varietà più diffuse in Italia sono l’Arabica e la Robusta, che presentano differenze sia qualitative nei profumi e nei sapori, sia quantitative nella composizione chimica. Una volta raccolti i frutti, per estrarne i semi viene usato principalmente questo tipo di lavorazione: il caffè viene lavato, quindo i frutti (le “ciliegie”) vengono spolpati, rilavati e disposti ad essicazione, infine decorticati per liberare i chicchi. Alla fine di questa prima lavorazione dai frutti sono stati ottenuti i grani di caffè verde i quali vengono classificati e quindi suddivisi in base a forma e dimensioni. Successivamente avviene la tostatura dei semi o torrefazione la quale dura 15 min e viene eseguita mediante correnti di aria calda (240°). Nella tostatura i chicchi si trasformano in grani leggeri di color marrone bruno intenso e, in questo cruciale quarto d’ora, si formano circa 800 sostanze volatili responsabili del gusto e dell’aroma del caffè tostato (differenti per tipo di caffè, per qualità di pianta, per il terreno di cui prendono i nutrienti, per il clima in cui vivono). “Non nutritive dietary component”, cosi’ l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito il caffè. Tuttora non si conoscono esattamente tutte le sostanze che il caffè contiene, che sono variabili e soggettive; studi per cercare di definirle sono (e saranno) ancora in corso ma, tra quelle fino ad ora rilevate, si trovano il 4% circa di minerali (calcio, magnesio, fosfati, solfati e potassio su tutti), lipidi, alcuni trigliceridi e acidi grassi liberi. Le proteine e gli aminoacidi vengono persi duranti la tostatura e così anche i carboidrati, con un contenuto calorico che oscilla tra 1-2 cal per tazzina. Il caffè è un potentissimo antiossidante: sembra paradossale, ma nella società moderna occidentale la maggior parte della popolazione assume più antiossidanti dal caffè che dal consumo di frutta e verdura messi insieme. Una singola tazzina di caffè contiene Riboflavina (Vitamina B2: 11% del RDA giornaliero), Acido Pantotenico (Vitamina B5: 6% RDA), Manganese e Potassio (3% RDA), Magnesio e Niacina (B3: 2% RDA) e da ultima, ma non per importanza, l’1,3,7 di Trimetilxantina della famiglia degli alcaloidi purinici ovvero la caffeina. Le proprietà del caffè vengono associate in toto a quest’ultima. La caffeina è la sostanza psicoattiva più consumata in tutto il mondo. Quando la assumiamo finisce nel flusso sanguigno e da qui giunge al cervello dove blocca l’azione inibitrice di un neurotrasmettitore che si chiama Adenosina. Quando questo processo avviene la quantità di altri neurotrasmettitori come la norepinefrina e la dopamina aumenta e con essa di conseguenza l’attività cerebrale. Questo porta a migliorare diversi aspetti della funzione cerebrale: la memoria, l’umore, i livelli di energia e di vigilanza, i tempi di reazione ed altre funzioni cognitive. La caffeina, inoltre, è una delle poche sostanze naturali che ha dimostrato di aver effetti lipolitici. In alcuni studi si parla di un aumento del ritmo metabolico dal 3% all’11%, attraverso un aumento dei livelli di adrenalina con una sorta di “preparazione” del corpo in caso di attività sportiva o fisica. E’ attribuita ad essa la proprietà di prevenzione in caso di cirrosi epatica. Essa è anche presente in altri alimenti (tè, cacao, bevande a base di cola e nella quasi totalità di preparati farmaceutici non venduti come termogenetici-dimagranti-stimolanti). Un eccesso di caffeina comporta molti effetti negativi al nostro organismo: agendo sui livelli di dopamina crea piacere al nostro organismo, generando in alcuni casi una sorta di dipendenza; aumenta inoltre la pressione arteriosa, facilita la perdita di calcio associata alla menopausa, rallenta l’assimilazione del ferro, favorisce la formazione di ulcere e può dare senso di disidratazione. Generalmente viene consigliata un’assunzione (per adulto) di 5 mg per kg di  peso corporeo, cifra che mediamente si aggira tra le 2-4 tazzine di caffè e circa 6 di tè. Chi soffre di disturbi di varia natura a stomaco, vescica, cuore, dovrebbe evitare l’assunzione di questa sostanza. Una nota va fatta al caffè decaffeinato: ad esso, attraverso una serie di processi di decaffeinizzazione (ad acqua, mediante anidride carbonica oppure con l’uso di sostanze a base di trigliceridi), viene abbassata la percentuale di caffeina, che non scompare del tutto, ma che passa dall’1-1,5% allo 0,1-0,2%. Occorre quindi ricordare che, essendo ancora comunque presente, i suoi effetti benefici-negativi avvengono ugualmente, seppure in maniera più lenta ed attenuata. Il rapporto tra benefici ed effetti nocivi del caffè sembra tuttavia equipararsi: come ogni alimento non bisogna quindi nè eccedere nella sua assunzione, ma nemmeno demonizzare completamente il suo consumo. Per il caffè, più di ogni altro alimento, possiamo forse ricordare Aristotele, Orazio e Ovidio con la citazione “In medio stat virtus”.

Curiosità:
Nel 1930, il medico tedesco Max Gerson iniziò a promuovere l’utilizzo quotidiano di clisteri di caffè per disintossicare il fegato, stimolare il metabolismo e curare i tumori. Più di recente, il principe Carlo è stato un grande promotore dei clisteri di caffè, a tal punto che ora sono in vendita online dei kit fai-da-te. Johann Sebastian Bach ha espresso il suo amore per il caffè in una cantata, il “Kaffeekantate” (“Cantata del caffè”) che vide la sua prima rappresentazione a Lipsia, in Germania, tra il 1732 e il 1735. Le bacche di caffè (il frutto della pianta) sono tra gli snack preferiti dagli elefanti e i chicchi, ovvero i semi, possono essere raccolti già mondati e pronti a successive lavorazioni dalle loro “espulsioni corporali”. Può sembrare assurdo, ma grazie al suo sapore morbido e cremoso, il caffè prodotto dalle “espulsioni” di elefante, chiamato Black Ivory, viene venduto a 1100 dollari al chilo. Luogo comune al mondo: “Italia equivale a caffè migliore”. I dati relativi al consumo procapite del 2015 di questa bevanda lasciano stupefatti: 1. Finlandia (12 kg pro capite l’anno), 2. Norvegia (9.9), 3. Islanda (9), 4.Danimarca (8.7), 5. Olanda (8.4), 6. Svezia (8.2), 7. Svizzera (7.9), 8. Belgio (6.8), 9. Canada (6.5), 10. Germania (6.4), 11. Austria (6.1), 12. Bosnia-Erzegovina (6.1), 13. Italia (5.9), 14. Slovenia (5.8).

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Renata Balducci, presidente di Associazione Vegani Italiani e fondatrice di Veganblog
  1. Intressante Luca,ho partecipato a Natura expo a Rimini e non hanno parlato bene di caffè,come se fosse una cosa da evitare come peste. Io non dico di berlo 5 volte al giorno ma personalmente un caffè dopo pranzo io me lo gusto volentieri.

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  2. Un paio di caffè al giorno non me li toglie nessuno. Ho provato a stare senza per qualche anno ma non ho visto grossi benefici. Inoltre per me il caffè ha un importante ruolo sociale: “Ti offro un caffè” – “Ci troviamo per un caffè e due chiacchiere”.
    Mi fa piacere leggere che, senza esagerare, non si corra alcun rischio, anzi!
    Luca, grazie come sempre!

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  3. idem come Veruska anche io(come dico sempre dopo pranzo:e ora un buon caffè).

    Reply
  4. Interessante lettura… 🙂
    Adoro il caffè… anche io dopo il pasto sempre… è una vera coccola rigenerante 🙂
    Grazie Luca… le tue chicche sul conoscere bene gli alimenti sono sempre preziose!
    Buon weekend… 😉

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  5. c’è poi da considerare il fatto che in molte culture (esempio la nostra tricolore o quella dei paesi del nordAfrica) il caffè è proprio un rito, un uso un abitudine talmente intrinseca che non viene nemmeno percepito come un alimento

    bless and love!

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  6. Bellissimo post, Luca! 🙂 😉
    Anch’io viaggio sui 2 caffè al giorno … 😎

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  7. Donatella Buratti 19 Dicembre 2016, 11:30

    La caffeina per me è fondamentale prima di una gara di corsa. Mi aiuta ad accelerare prima il battito cardiaco e mi permette di spingere un po’ di più con le gambe senza andare in affanno dopo pochi chilometri (non penso ci sia alcuna base scientifica, mi sa che è un vizio 🙂
    Il caffè più buono è quello di Napoli 🙂

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  8. si D è stato scientificamente scoperto che bere caffè prima di correre migliorare il catabolismo dei grassi, riducendo l’ossidazione dei carboidrati,inoltre la caffeina facilita l’apporto degli ioni di calcio, aumentando la sensibilità delle miofibrille muscolari, facilita la contrazione muscolare. Poi stimola il sistema nervoso che lavora in sinergia con il sistema muscolare, è u’ottimo preallenamento in genere. pensa che la WADA considera doping una dose superiore ai 12mcg/l nelle urine di caffeina, all’incirca oltre 7 caffè assunti contemporaneamente 30 minuti prima di una gara
    Poi come sempre è soggettivo a me quando correvo per esempio mi dava tutti i benefici sopra elencati ma avevo problemi a digerirlo , cosa che in tutte le altre situazioni non mi è mai successa….

    Prossimo alimento?! avete suggerimenti!?!

    bless and love!

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  9. ciao Luca,sapresti dirmi qualcosa sullo “zucchero di palma”?non mi fido della pubblicità che lo decanta,affermando che non c’entri niente con la famosa palma….sempre un prodotto made in Indonesia è,e non vorrei che ciò che esce dalla porta rientri dalla finestra!sbaglio?

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  10. ciao m, scusa se rispondo ora ma conoscevo poco l’argomento e ho dovuto “istrurmi”, dunque lo zucchero di palma o Zucchero di Foresta viene estratto principalmente dalla linfa dell’Arenga pinnata, una speciale varietà di palma coltivata in Indonesia ma anche dalle palme da cocco e in molti casi lo vedrai sotto dicitura “zucchero di palma da cocco”, niente a che vedere con la palma da olio, non solo in senso strettamente botanico, diverso è l’utilizzo, differenti i metodi di coltivazione e proprio una pianta diversa. Sulle implicazione etiche-ambientali posso dirti solamente che la Arenga viene principalmente coltivata in foreste miste, utilizzata in molti progetti di riforestazione, sta diventando l’alternativa principale alla coltivazione intensiva della palma da olio, non so dirti però se sia una nuova “minaccia” o un “buon progetto” per cercar rimedio a ciò che è stato fatto.

    Bless and love!

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  11. uhmmm.
    comunque grazie Luca.pax et bonum.

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