Pandolce genovese

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Il Natale è alle porte e questo è il mio modo di augurare a tutti i miei coleghi chef e ai lettori (anche occasionali) di Veganblog un felice Natale.
E’ tanto tempo che non pubblico ricette e ho voluto rifarmi vivo con una ricetta non proprio “basic” (come, invece, sono solito fare).

Ingredienti:

  • 2 kg. di farina 00
  • 100 gr. di lievito di birra
  • 500 gr. di zucchero
  • 400 gr. di margarina
  • 400 gr. di uva sultanina
  • 400 gr. di pinoli
  • 400 gr. di cedro candito
  • 1 cucchiaio di acqua di fiori d’arancio
  • 1 bicchierino di marsala (facoltativo)
  • 1 pizzico di sale
Tempo di preparazione: circa 22 ore

Difficoltà: **

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Preparazione: sciogliete il lievito in poca acqua a temperatura ambiente; disponete 200 gr. di farina a fontana e versatevi il lievito che avete sciolto in acqua; impastate energicamente e formate un panetto che coprirete con un panno e lascerete riposare almeno 12 ore (si, proprio 12 ore!) in un luogo tiepido (non freddo ma neanche troppo caldo) avvolto in una coperta.
Dopo questa prima lievitazione incorporate il resto della farina, aggiungete la margarina ammorbidita a bagnomaria, l’uva sultanina (precedentemente tenuta a mollo nell’acqua tiepida, scolata e asciugata grossolanamente), il cedro candito (tagliato a cubetti) e tutti gli altri ingredienti. Lavorate energicamente l’impasto fino a quando non sarà liscio e omogeneo aggiungendo acqua q.b. per farlo amalgamare. Suddividete l’impasto nelle varie pagnotte e lasciatele lievitare ancora per circa 8 ore in una stanza calda (in casa, con il riscaldamento in funzione, per intenderci; ma non a diretto contato con fonti di calore) coperte con carta forno, una salvietta e avvolte in una coperta per mantenere la temperatura ed evitare che siano esposte a correnti d’aria.
A questo punto, ultimata anche la seconda lievitazione, praticate nel mezzo delle pagnotte tre tagli a forma di triangolo e cuocete i pandolci in forno a 160° per circa un’ora e comunque fino a quando non saranno cotti (la prova dello stecchino, anche in questo caso, sarà d’aiuto: saranno cotti quando uno stecchino, infilato nel dolce, ne uscirà pulito).

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Note: le dosi sono per sette pandolci. Si possono anche dimezzare le dosi, però, una volta che si intraprende un’impresa del genere, tanto vale farne tanti, vi assicuro che finiranno molto presto (se poi, li utilizzate per fare i regali di Natale, finiranno ancora prima!).

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L’acqua nella quale si scioglie il lievito non deve essere troppo calda altrimenti i microorganismi responsabili della lievitazione, essendo termosensibili, muoiono e si ottiene un risultato peggiore (se non proprio disastroso).
Questo dolce, richiedendo tempi di lievitazione così lunghi va “programmato” per tempo. La prima lievitazione può essere fatta alla sera così da poter fare la seconda al mattino e cuocere il pandolce nel pomeriggio.
Ho visto anche ricette con lievitazioni molto più corte (solo una lievitazione da 4 ore) o, addirittura, con l’utilizzo del lievito chimico e senza lievitazione mezz’ora di riposo e poi in forno); senza nulla togliere a queste ricette, io ho voluto provare quella che penso sia la migliore e quella classica. Nel periodo in cui è nato questo dolce non c’era la frenesia dei nostri giorni e le lievitazioni lunghe (spesso utilizzando la pasta madre) erano la normalità. La lunga lievitazione, poi, consente di utilizzare meno lievito (che in questa ricetta è comunque tanto) e di rendere maggiormente digeribile il pandolce.
Questa ricetta l’ho veganizzata semplicemente sostituendo il burro con la margarina.
Cercando la ricetta del pandolce nei vari ricettari che posseggo e su internet ho trovato le versioni più disparate, con ingredienti anche molto dissimili tra loro; non sono quindi riuscito a risalire alla ricetta veramente “tradizionale” e ho preparato questa versione che mi sembra quella più vicina al pandolce che, anni orsono, mio zio di Genova (che ora purtroppo non c’è più) comprava da un forno vicino a casa sua e mi portava per le feste natalizie.
Non me ne vorranno i genovesi per questa mia re-interpretazione del loro dolce tipico ma, anzi, se mi scrivono la ricetta originale, sarò felicissimo di provarla.

Il pandolce è un monumento della cucina genovese; nel sito della Regione Liguria “Agriligurianet” ho trovato queste interessanti notizie su questo dolce tradizionale.

Per antonomasia il dolce tipico del Natale a Genova, dall’aspetto ruvido ma dal contenuto sostanzioso come il carattere dei Liguri.
È antichissima la tradizione di arricchire il pane con lo zibibbo, infatti è archeologicamente provato che fosse già noto presso gli Egizi. Gli ingredienti fanno presupporre innegabili origini nel mondo arabo e i mercanti genovesi devono averlo conosciuto durante i loro viaggi e portato a casa dove, nei secoli, fu variato ed arricchito.
C’era un tempo quando sarebbe sembrato blasfemo non cucinare in casa il pandolce per il giorno del Natale, in cui ogni massaia conservava gelosamente la sua ricetta più o meno segreta ma in tutte spiccava la notevole abbondanza di ingredienti ricercati e preziosi. La preparazione di questo dolce era frutto di cura ed amore e c’era addirittura chi, per garantire un’ottima lievitazione, lo portasse a letto e lo ponesse accanto, all’ormai dimenticato “praeve” attrezzo necessario per sollevare le lenzuola attorno allo scaldino.
Un rito accompagnava l’arrivo del pandolce alla fine del desco natalizio come ultimo coronamento di un pranzo speciale. Era il più giovane della famiglia a portarlo in tavola adorno di un rametto di alloro ed era il più anziano a tagliarlo. Una fetta veniva tenuta per i poveri ed una gelosamente conservata per il giorno di San Biagio da sbocconcellare per proteggersi la gola.

La colonna sonora utilizzata per la preparazione di questo dolce era composta da brani natalizi interpretati da Bing Crosby; questo mi ha fatto entrare ancora di più nell’atmosfera natalizia. Se a questo aggiungiamo poi che, dove vivo, è venuta una nevicata che è stata definita la più copiose dell’ultimo quarto di secolo, non si poteva avere un’atmosfera più natalizia di questa (senza badare alla città completamente bloccata per un evento che, qui sul mare, non è poi così frequente).

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Renata Balducci, presidente di Associazione Vegani Italiani e fondatrice di Veganblog
  1. Mamma mia che bravo!!
    P.S. ci sei mancato!!

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  2. ehi ehi!!! quando passi a portarcene uno?! baci!

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  3. Che meraviglia! Mi piacciono le ricette luuuunghe. Quando ero piccola facevo sempre i maritozzi! Per quest’anno ormai mi sa che non ce la faccio, ma la tengo a mente come idea regalo x l’anno prossimo!! Compliments.

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  4. belli e buoni….siete tutti dei cuochi magnifici, davvero! io un regalo così lo gradirei da morire….beato chi lo riceverà!!!!
    bravissimo

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  5. Fantastico! Il pandolce mi ricorda un paio di inverni in cui avevamo affittato un monolocale vista mare a Spotorno e ci andavamo i fine settimana… che nostalgia…
    Auguri di cuore anche a te!

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  6. un dolce suggestivo, ma lo guardo a distanza perché detesto i canditi… però ti ringrazio tanto per gli auguri! e ne faccio anche a te un sacco e una sporta!
    😉

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  7. Francescooooooooooooooo, giusto ieri mi son chiesta che fine avessi fatto, ti ho immaginato tutto studioso 🙂
    Ma che meraviglia questo pandolce e anche qui ti immagino con la tua Carla col sottofondo di musiche natalizie che preparate questa meraviglia golosa 🙂
    Auguroni anche a voi per un felice e sereno Natale, un abbraccio 😛

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  8. Augurissimi, Francesco…

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  9. prima di tutto tanti auguri di buon natale a te, alla tua compagna e alle vostre famiglie!!! 😀 che spettacolo questo pandolce, sei davvero bravissimo, e nel fare le foto ancora di più 😀 che bella la storia. Se fosse per me, lo farei lievitare nel mio letto, sotto le mie coperte :mrgreen: adoro le canzoni natalizie cantate da Crosby!!! 😀 infine grazie per la veduta panoramica con la neve!!! ciao francè di nuovo tanti auguri!!! 😀

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  10. @ Pippi: anche voi mi siete mancate/i, purtroppo ho sempre più cose da fare, non vedo l’ora che vengano momenti più tranquilli.
    @ Nicole: quello impacchettato è andato in regalo proprio a… Genova! Però l’ho portato a degli amici che sono lui massese e lei di Iglesias (spero quindi che siano clementi).
    @ Mariagrazia: sono in tanti quelli a cui non piacciono i canditi (e infatti le marche commerciali di panettoni hanno subito fiutato il business e ora fanno tutte il panettone e la colomba senza canditi) pensa che io ne vado matto!
    @ Chicca: eh si, ero proprio studioso e lo sarò ancora per un bel po’ di tempo. 🙁
    Carla non mi ha aiutato in questa “impresa” però ha fatto tantissime altre cose e ha fatto delle bellissime saponette (anche queste da usare per noi e da regalare).
    @ Nello: e infatti… facevano proprio cosi, il “praeve” (che significa prete) era lo scaldino di legno dove si appendeva un contenitore con le braci e si metteva sotto le coperte per scaldare il letto.
    @ tutti: grazie e tantissimi auguri anche a voi!

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  11. Vabbè, allora visto che – si sà – i massesi capiscono poco (eheh scherzo, però lo diceva sempre il mì nonno “ohttu un’sarai mica massese?!”), dovrai cimentarti e regalarne uno ai pipini che devi avere un giudizio da un genovede ad hoc, eh! un sorriso grande grande, nicole e federico.

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  12. io sono genovese e ti assicuro che questa ricetta è identica a quella genovese solo che con quella crudele si tocca l’inferno senza offese per nessuno io son Vegana da 4 giorni mentre con questo si può toccare il cielo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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